In oltre 140 Paesi al mondo viene praticata la tortura. – Amnesty International
Percosse sulle piante dei piedi, ustioni col fuoco o con la corrente elettrica, isolamento sensoriale, finte esecuzioni, sospesi al soffitto con gli arti legati, spaccati nelle ossa e distrutti nell’anima.
Torturare non significa solo voler estorcere una confessione; lo scopo è anche annientare la persona, mettere a tacere una voce e una storia. Vi sono regimi per i quali la tortura è strumento di governo. Saperla legittimata – di fatto, se non per legge – rende diffusa e socialmente efficace la paura dell’autorità e reprime bene l’espressione del dissenso.
La situazione di chi ha subito tortura è tanto peggiore quanto meno leggibili sono i segni sul suo corpo. La tortura, infatti, è tanto più devastante quanto più è incomunicabile. Il complice più raffinato del torturatore è il silenzio. Il silenzio circostante e soprattutto il silenzio indotto nella vittima. Per questo curare una vittima è innanzitutto ridarle parola, darle la possibilità di raccontare e raccontarsi.